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  • Writer's pictureStefano L. Lorusso

[La Nuova Ecologia] - Dal carbone nascono i fiori

Updated: Nov 11, 2019

Loos-en-Gohelle, nel nord della Francia, ha scommesso sulla transizione energetica. In vent’anni la cittadina è passata dalle miniere all’economia verde. Oggi è un modello per lo sviluppo sostenibile d’Oltralpe. Non senza difficoltà


PUBBLICATO IL: 01/02/2018


di STEFANO LORUSSO

Quando parla del passato, i suoi occhi si inumidiscono. «Ho dato il mio primo colpo di piccone che ero alto un metro e venti. Sono uscito dalle miniere che camminavo a fatica nelle gallerie, ero arrivato a un metro e novanta». Clément Ere, 80 anni, è uno degli ultimi minatori ancora in vita della regione del Nord-Pas-de-Calais, situata nel profondo nord della Francia. Il 21 dicembre 1990, l’ultimo pezzo dei 2,4 miliardi di tonnellate di carbone viene estratto dal bacino minerario più sfruttato di Francia. La prima gaillette, un pezzo di carbone, è stata estratta nel 1720.


Per i 270 anni successivi i minatori non hanno smesso di scavare e grattare la roccia nel sottosuolo, alla ricerca del combustibile fossile nero. In tutto questo tempo, gli operai hanno tracciato 100.000 km di gallerie sotterranee, equivalenti a più del doppio della lunghezza dell’equatore. In questi luoghi, i salari provenienti dal lavoro nelle miniere hanno nutrito generazioni intere. Fino alla loro chiusura. Ma anche oltre: non sono poche le famiglie della regione che oggi, grazie alle pensioni dei nonni minatori, riescono faticosamente a sbarcare il lunario. «La scuola, l’ospedale, la casa, la società, l’economia… tutto girava intorno alle miniere di carbone», ricorda monsieur Clement.


La chiusura delle miniere ha lasciato un territorio destrutturato, dissanguato, tanta disoccupazione e un’impressione di abbandono fra gli abitanti di questa zona dimenticata dell’Esagono, che per decenni ha vissuto di carbone e delle sue trasformazioni chimiche. Tanto importante che nel 1885 émile Zola gli ha dedicato Germinale, ritratto antropologico e sociale dell’estrazione mineraria d’Oltralpe. «La chiusura delle miniere è stata una tragedia per tutti, ma il mondo è in evoluzione e abbiamo dovuto cercare altre strade», riassume questo gigante dalle mani da pianista. Fuggito dalle miniere, si è arruolato nell’esercito durante la guerra d’Algeria nel 1957: «Ricordo ancora il fischio delle pallottole filare a pochi centimetri della orecchie, si combatteva corpo a corpo.


La guerra era crudele, spietata. Ma ho preferito di gran lunga il servizio militare al lavoro di minatore. Tutti e due, a loro modo, sono mortali: il primo per il rischio di prendersi un proiettile in fronte, l’altro per le malattie dovute all’inalazione del biossido di silicio». Questa polvere sottile è infatti all’origine della silicosi, malattia polmonare che ha mietuto migliaia di vittime fra gli anziani minatori. «All’epoca era normale dare la vita per i propri figli», conclude Clément Ere.


In questo inizio d’inverno, il sole gioca a nascondersi dietro le nuvole di Loos-en-Gohelle, cittadina di quasi settemila abitanti confinante con Lens, a circa 70 km dal confine con il Belgio. Ai piedi dei terrils, una sorta di colline costituite dagli scarti non sfruttati della produzione mineraria, una pioggia sottile inumidisce l’aria. In questo territorio, altrimenti piatto, sono i soli punti di riferimento. In quasi trecento anni di storia, pezzo dopo pezzo, hanno raggiunto l’altezza di 180 metri, i più alti d’Europa.


Sono due, a Loos-en-Gohelle, li chiamano les gémeaux. Ce n’erano a decine nella regione. Molti, troppi forse, sono stati rasi al suolo perché simbolo di un passato e di un sistema sociale ed economico che non sarebbe mai più tornato, tanto profonda è la miseria sociale che ha generato la chiusura dei pozzi. «C’era una vitalità, un’armonia fra noi minatori e fra le nostre famiglie. Un universo felice, faticoso ma sempre accogliente. È vero però che lavorare nelle miniere era pericoloso», ricorda Henri Wozniak, che ha scavato nelle viscere della Terra per 35 anni.


La svolta è avvenuta nel 2002, quando Jean-François Caron, sindaco illuminato della cittadina e membro di Europe Ecologie les Verts, ha ottenuto il riconoscimento dei terrils come patrimonio mondiale dell’Unesco. «La storia dei minatori vale quanto quella dei re», commenta fiero Caron, facendo allusione alla centenaria e celebre storia dei monarchi francesi. Il futuro ha un cuore antico: impastati ai residui di pietra e scisto, oltre al sangue e al sudore dei minatori, morti a migliaia intrappolati nelle gallerie, oggi si scorgono nidi di uccelli rari e radici di piante selvatiche. Più di 160 specie animali e 190 specie vegetali hanno trovato riparo fra i detriti dei terrils di Loos-en-Gohelle. «Un miracolo della natura, li credevamo sterili», dice Francis Marechal, assessore ai lavori e alla sicurezza stradale del Comune di Loos. “Dai diamanti non nasce niente, dal carbone nascono i fiori” potremmo dire parafrasando il nostro De André.


Questa piccola cittadina del profondo nord della Francia non ha atteso i summit internazionali per applicare i principi dell’ecologia. L’attualità, del resto, non l’avrebbe incoraggiata. Lo scorso 17 novembre si è conclusa a Bonn, in Germania, la Cop23, la conferenza Onu che dovrebbe vegliare sul rispetto degli accordi sul clima di Parigi del 2015 e trovare alternative all’energia fossile. Una ventina di Stati – fra cui Italia, Francia, Regno Unito, Belgio e Canada – hanno firmato un patto per rinunciare definitivamente all’energia derivante dal carbone, all’origine della produzione del 40% dell’elettricità mondiale. Mancano però all’appello i grandi produttori come Cina, India e Germania, senza i quali l’alleanza resta debole. In quei giorni, più di 15mila ricercatori di 184 Paesi hanno pubblicato sul sito della rivista internazionale BioScience un appello ai decisori politici per fermare la distruzione del pianeta. “Sarà presto troppo tardi” hanno scritto, mentre gli Stati Uniti di Trump organizzavano, sempre a Bonn, dibattiti per difendere le energie fossili.


“Think global, act local”, è l’adagio ripetuto dagli ambientalisti di tutto il mondo. A Loos-en-Gohelle sono passati dalle parole ai fatti. In vent’anni questo territorio ha saputo infatti rivoluzionarsi, passando dall’economia fossile a quella verde. E si è imposto in Francia come simbolo e faro dello sviluppo sostenibile. A partire dagli anni duemila questo piccolo comune, che non sembrava avere più futuro economico e sociale, ha rovesciato la meccanica dell’economia fossile sulla quale si reggeva. Oggi vi si sperimentano nuove tecniche di produzione di energia nella logica dell’economia circolare. «Siamo stati nel cuore della prima rivoluzione industriale, abbiamo mancato la seconda, ora anticipiamo la terza», afferma Julien Pedtrigeat, giovane capo di gabinetto del sindaco.


Sui tetti della chiesa di Saint-Vaast, nel centro città, il Comune ha fatto installare 200 m2 di pannelli fotovoltaici che fruttano 5.000 euro di elettricità ogni anno (32.000 kwh, l’equivalente del consumo annuale di dodici famiglie). «Economia verde vuol dire produrre energia grazie alle nuove tecnologie», puntualizza Didier Caron, a capo del servizio tecnico del Comune, facendo scivolare il dito sui dossier realizzati dall’amministrazione. L’acqua che annaffia i giardini pubblici e alimenta i sanitari comunali della città passa attraverso un sistema di recupero di quella piovana. «È questo il principio dell’economia circolare», commenta, cesoie in mano, un giardiniere della città.


A Loos-en-Gohelle il 60% delle famiglie è esonerato dalle imposte sul reddito e la disoccupazione è al 15%. È stato così lanciato, dal 1997, un piano di ecocostruzione di case popolari. Nella parte ovest della città il sindaco ha incoraggiato la costruzione di sei case in legno in cui si spendono soltanto 200 euro all’anno di riscaldamento. Anche lo spreco di energia elettrica è stato ridotto: nelle case nuove o rinnovate è vietato l’utilizzo del riscaldamento ad elettricità, molto utilizzato in Francia. Con un sistema di orologi astronomici, collegati all’illuminazione pubblica, si ottimizza il tempo di illuminazione in funzione della variazioni orarie dell’alba e del tramonto. Risultato? Il Comune risparmia il 25% di energia. «Immaginate se sviluppassimo tutto questo su scala nazionale ed europea», chiosa il capo di gabinetto.


La strada intrapresa da questo piccolo Comune ha suscitato l’interesse degli imprenditori che puntano sull’economia e le energie sostenibili. Nel Duemila alla base dei terrils, in un vecchio capannone industriale, è stato installato il CD2E, un polo economico per lo sviluppo e il finanziamento di progetti ecosostenibili. La Commissione europea lo ha incluso fra le tredici strutture di sostegno alle piccole e medie imprese per promuovere il pacchetto sull’economia circolare approvato lo scorso marzo. Il centro di ricerca segue più di duecento imprese sul territorio, che nel loro insieme impiegano circa 17mila persone. Per mostrare concretamente l’ecotransizione, il CD2E mette a disposizione degli imprenditori una sala di esposizione con materiali ecologici ed esempi di ecocostruzioni.


C’è anche chi, come Roger Essono, ha fondato 62750 Biofabrication, un’impresa sociale e solidale ancorata sull’idea di produrre combustibile a partire dai fondi caffè. Ci lavora dal 2014 e grazie alla collaborazione del Comune di Loos e degli ingegneri dell’Ecole des mines di Douai è finalmente riuscito a mettere a punto la macchina che gli ha permesso di far partire la sua impresa. «L’idea che mi ha guidato è semplice – racconta – Nella regione del Nord-Pas-de-Calais c’è grande precarietà nel mondo del lavoro, proprio mentre la questione ecologica si impone in tutta la sua urgenza. La prima preoccupazione di chi vive in situazioni di precarietà sono le bollette, soprattutto quella dell’elettricità, che è molto cara».


Come riscaldarsi allora a un prezzo accessibile a tutti? La valorizzazione energetica dei fondi di caffè può diventare uno strumento per produrre energia rinnovabile e combattere la precarietà. L’impresa è pienamente operativa da dicembre, col progetto di assumere ventidue persone, da scegliere fra i disoccupati di lunga data in città. «Nel mio piccolo, cerco di dare il mio contributo a un futuro sostenibile, nella logica di un’economia sociale e solidale. Assumo persone soltanto per due anni, per formarle e far loro da trampolino perché trovino un impiego stabile nell’industria classica».


Il lavoro del sindaco, Jean-François Caron, ha attirato le attenzioni dell’economista statunitense Jeremy Rifkin, autore nel 2011 del saggio La terza rivoluzione industriale: come il potere laterale sta trasformando l’energia, l’economia e il mondo e grande esperto di economia ambientale. Oltre ad essere stato consigliere per istituzioni e capi di Stato europei (Merkel, Zapatero e Prodi) in materia di ecologia e transizione energetica, Rifkin ha incassato nel 2012 un assegno di 360.000 euro dalla Regione e dalla Camera di commercio del Nord-Pas-de-Calais per accompagnare una delle più grandi aree industriali d’Oltralpe nel processo di transizione energetica. «Viene tre volte all’anno in città per verificare lo stato dell’arte dei lavori – dice il sindaco – Lui l’ha teorizzato, noi lo mettiamo in pratica già da vent’anni». Assieme agli attori locali, Rifkin ha redatto un piano per fare di questa regione il terreno di sperimentazione delle sue teorie sull’economia verde. L’obiettivo è creare 160mila posti di lavoro entro il 2050, in una zona dove la disoccupazione è al 12%, contro il 9,7% in Francia.


Ciclisti sporadici fendono la fitta nebbia mattutina, pedalando ai bordi delle strade. Si lasciano alle spalle le lunghe file di corons, le storiche case degli operai edificate fin dal 1800. Simbolo del passato operaio della regione, la loro condizione d’abbandono riflette lo stato di salute della sinistra del Nord-Pas-de-Calais e di Loos-en-Gohelle.


È un paradosso: a livello locale, Loos-en-Gohelle è una città ecologista e di sinistra, ma a livello nazionale il 57% degli abitanti della cittadina si è espressa per il Front National alle presidenziali dello scorso maggio. In Francia, il voto operaio ha nutrito per decenni il Parti communiste français, egemone per anni in questa regione. Alle elezioni legislative del 1981 vi furono quattordici deputati socialisti, due comunisti e uno dell’estrema sinistra. Parallelamente alla progressiva chiusura delle miniere e alla conseguente precarietà lavorativa e sociale, la sinistra ha perso inesorabilmente consensi, accusata di tradire le promesse sulle politiche del lavoro. Tanto che alle elezioni legislative di giugno nessuno deputato di sinistra è stato eletto qui. Il discorso nazionalista e sovranista del Front national ha persuaso molti degli abitanti del Nord-Pas-de-Calais: cinque degli otto deputati del partito di Marine Le Pen sono stati eletti in questa regione. Tra questi José Evrard, per trent’anni quadro del partito comunista francese, oggi eletto nelle fila della formazione di estrema destra. In alcune circoscrizioni il voto per il Front national ha addirittura raggiunto il 40% e molti osservatori l’hanno collegato al forte tasso di povertà della zona, che raggiunge picchi del 23% della popolazione nelle zone più critiche.


«Rispettiamo il nostro sindaco, ma su scala nazionale è diverso: Le Pen è la sola che ci ascolta», sospira rassegnata Anne, abitante della cité belgique di Loos. Per lei votare i verdi alla comunali e il Front national alle legislative non è una contraddizione ma la conseguenza del disincanto nei confronti della sinistra tradizionale.


«Non capiamo molto bene cosa sia questa transizione energetica», dice polemica Chantal, abitante della zona ovest di Loos, dove il Comune vuole realizzare un ecoquartiere. «Abbiamo bisogno di lavoro, non di piante», aggiunge suo marito Felix, disoccupato. Nonostante la capacità innovativa, il metodo di Loos-en-Gohelle mostra dei limiti. «La più grande difficoltà è applicare le strategie dello sviluppo sostenibile a livello cittadino», ammettono al Comune. Durante l’ultimo mandato, il sindaco Caron ha organizzato più di duecento riunioni pubbliche per condividere con i cittadini la logica ecologista. Nel 2014 è stato rieletto con l’82% dei voti. «Lavoriamo al cambio di marcia per estendere la transizione ecologica al settore privato. Bisogna aver pazienza e non gettare le spugna.


L’investimento di partenza è necessario, lo si recupera soltanto sul medio termine», sostiene Francis Marechal, assessore ai lavori e alla sicurezza stradale. Jean-François Caron, dal canto suo, è battagliero e al tempo stesso analitico: «Un’innovazione è una disobbedienza ben riuscita. Cambiare è molto complicato, vuol dire ritrovarsi in situazioni non ancora esplorate, tanto più se parliamo di economia. È una dinamica quasi psicologica. Da soli non possiamo cambiare il mondo, c’è bisogno dell’impegno dello Stato e di sgravi fiscali per gli imprenditori che investono nell’ecotransizione».





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