ll campo di Vasilika ospita 1.250 profughi. Che vivono in condizioni di miseria. In attesa di essere accolti. O rimpatriati in Turchia. Il reportage di L43. Le foto.
S.LORUSSO Like1 cent
da Vasilika
Il campo rifugiati di Vasilika, 10 chilometri a Sud-Est di Salonicco, sorge tra i capannoni di una ex- fabbrica. Ospita 1.250 migranti, di cui 450 bambini, per la maggior parte siriani e curdi iracheni che occupavano uno dei campi informali nei pressi di Idomeni, al confine con la Macedonia. L'accesso è vietato ad attivisti e giornalisti, l'unico varco è un buco nella recinzione, tra sterpaglie e filo spinato.
SETTE CAPANNONI, CENTINAIA DI TENDE
Nel campo, gestito dai militari, si dorme in tende, centinaia, sistemate all’interno di sette capannoni. I tetti in lamiera soffocano il respiro, gli unici ventilatori disponibili sono stati acquistati da un gruppo di volontari indipendenti. Nei corridoi i bambini giocano a rincorrersi. C’è un’altalena in corda legata alle travi del tetto del padiglione su cui dondola Jasmine, otto anni, siriana.
Poco più in là, un uomo sta costruendo una culla in legno per suo figlio, cercando di ripristinare un piccolo spazio di normalità nell’esistenza precaria del campo.
IL RICOLLOCAMENTO NON DECOLLA
I centri come questo e altri attorno all’area urbana di Salonicco sono l’anticamera in cui si decide il futuro dei migranti. Qui si avviano le procedure di pre-registrazione secondo il sistema degli hotspot e i migranti attendono le risposte alle domande di asilo o di ricongiungimento familiare, o ancora all’adesione al programma di ricollocamento. Stando all’accordo stipulato tra Ankara e Ue, chi non sarà riconosciuto come rifugiato, se arrivato in Grecia dopo il 20 marzo, sarà rimpatriato in Turchia.
I tempi di attesa sono incerti: un anno, forse due. Di sicuro c’è solo che il programma di ricollocamento fatica a decollare: secondo uno studio riportato da openmigration.org, delle 160 mila relocation previste entro il settembre 2017 ne sono state effettuate solo 3 mila.
La storia di Hassan, dall'Iraq alla Grecia per 1.700 euro
Chi può permetterselo fugge e tenta la traversata con gli smuggler, i trafficanti di uomini. «Qui nessuno è felice», mette in chiaro Hassan, 25enne curdo iracheno. «Io lavoravo per l’esercito statunitense a Baghdad, ero un traduttore. Ho iniziato ad avere problemi quando gli americani sono andati via, non c’era lavoro, non c’era scuola. Ho deciso di partire, sono arrivato in Grecia il 15 marzo, passando per la Turchia».
Si commuove, porta le mani al viso, chiede una pausa: «Ho attraversato i confini grazie agli smuggler. Dieci ore di cammino sulle montagne al confine tra Iraq e Turchia, 500 euro, poi via fino in Grecia, 1.200 euro. Eravamo in 75 su una barca piccolissima, siamo arrivati sull’isola di Lesbo. Sono stato trasferito prima al campo di Larissa, le condizioni erano terribili, poi sono andato a Idomeni. Per tre volte ho tentato di passare il confine con la Macedonia, ma sono stato catturato. Mi hanno picchiato». Mostra il naso, storto: «Guardate, è stata la polizia».
«FORSE SE MI UCCIDO È MEGLIO»
La sua storia è simile a quella di tanti dei migranti bloccati nel limbo greco dopo la chiusura della rotta balcanica. Si vive di attesa, le giornate scorrono tutte uguali. «Dormiamo in queste tende da cinque mesi», dice Hassan. «Credete davvero che ci piaccia? Nei nostri Paesi ci sono guerre e miseria, non abbiamo scuole. Vogliamo soltanto cambiare le nostre vite, trovare un lavoro. Qui nessuno è felice. Forse se mi uccido è meglio...».
I migranti possono uscire dal campo, poco lontano c’è la fermata del bus che porta a Salonicco. In città alcuni acquistano verdure, riso, bevande e tabacco che rivendono in un piccolo mercato allestito all’interno del campo.
Molti possiedono piastre elettriche o fornelli a gas che utilizzano per cucinare all’interno delle tende, il cibo fornito è scadente. Una fuga di gas o un fornello dimenticato acceso potrebbero facilmente causare un incendio.
Da gennaio 161 mila migranti hanno attraversato l’Egeo
La Grecia è diventata la sala d’attesa dell’Europa. Da gennaio 161 mila migranti hanno attraversato l’Egeo, 685 in una settimana, 97 al giorno. Sono in 57 mila, ammassati nei campi e bloccati nella penisola ellenica. Hanno il diritto di presentare la loro domanda di asilo. Ma scoprono giorno dopo giorno che la frontiera non è più soltanto un luogo fisico da superare, ma una condizione in cui sono relegati, forse a vita.
L'IMPEGNO DEI VOLONTARI
Nel campo mancano spazi per la socializzazione, non c’è una scuola né vengono organizzate attività per i bambini. Da una settimana, volontari provenienti da tutta Europa hanno dato vita a Eko project, uno spazio autogestito in una ex fabbrica di ottone a poche decine di metri dal campo di Vasilika. Qui hanno tirato su una biblioteca, un’area gioco per bambini, uno spazio per le donne del campo, corsi di lingua.
I migranti vi accedono liberamente e trovano un’oasi di umanità dove stemperare le sofferenze. I bambini giocano, gli adulti impastano cemento per le fondamenta di quella che diventerà una cucina.
SETTEMILA EURO IN DONAZIONI
Giada, volontaria italiana, racconta: «Abbiamo ricostruito il progetto che avevamo nel campo Eko station, nei pressi di Idomeni, che la polizia greca ha sgomberato a giugno. I migranti di quel campo sono stati spostati qui a Vasilika, noi li abbiamo seguiti. Ci è stato impedito l’ingresso al campo dei militari, allora abbiamo affittato lo spazio di questa ex fabbrica da una famiglia greca, è un luogo privato, nessuno potrà mandarci via da qui».
E tiene a precisare: «Fino ad ora le organizzazioni internazionali non sono state reattive nella risposta ai bisogni dei migranti, spesso nei campi mancano i beni di prima necessità». Fran invece è spagnolo, ha raccolto 7 mila euro in donazioni per i rifugiati. Ora insegna chitarra ai bambini del campo. «Arrivo in moto dalla Galizia, mi fermo qui adesso, voglio dare una mano». Mentre parla, il sole inizia a tramontare dietro le colline di Salonicco. Gli ultimi raggi illuminano di arancione il campo di Vasilika.
11 settembre 2016
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